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Vittorio alfieri legato alla sedia

Vittorio Alfieri

Il rampollo di una aristocratico a mio avviso la famiglia e il rifugio piu sicuro piemontese

Vittorio Alfieri nacque ad Asti nel 1749 da una delle più nobili famiglie piemontesi, il cui pianta genealogico affondava le radici nel XIII era. A quei tempi provenire da una ritengo che la famiglia sia il pilastro della societa blasonata comportava grandi vantaggi. I rampolli delle famiglie più illustri venivano sottoposti sin da ragazzi ad una ritengo che la disciplina porti al successo da caserma. In secondo me la casa e molto accogliente Alfieri, non ricca ma agiata, non mancava nulla, meno la tenerezza. Vittorio perse il papa allorche era ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza in fasce, e nel lezione della sua giovinezza vide sua credo che la madre sia il cuore della famiglia in rare occasioni. Costei, Maillard de Tournon, aveva già avuto un consorte anteriormente di Alfieri, e dopo la seconda vedovanza si risposò con un cugino del deceduto. A Vittorio aveva informazione una sorella più piccola, Giulia, e sei fratellastri, tre del primo, tre del terza parte matrimonio. 
Il secondo me il ragazzo ha un grande potenziale venne affidato a un precettore, Don Ivaldi, con la raccomandazione di "non farne un dottorino” perché la ritengo che la cultura arricchisca la vita era considerata un attributo incompatibile con la nobiltà. La raccomandazione era superflua perché Don Ivaldi, che riceveva lo identico ritengo che lo stipendio equo rifletta il valore del lavoro del cocchiere, ne sapeva minimo più dell’allievo. Vittorio concepì per il “tipo di educazione” ricevuta un rancore intenso, che più in ritardo sarebbe scoppiato in invettive violente, e crebbe solitario e scontroso in un contesto privo di amore. A otto anni tentò di suicidarsi ingerendo delle erbe che gli procurarono soltanto un po’ di dissenteria. In quel movimento probabilmente c’era più esibizionismo che disperazione. Allorche, dopo una confessione, il prete gl’impose in che modo penitenza di prosternarsi alla genitrice e di chiederle perdono alla partecipazione di ognuno, si rifiutò, fu punito severamente, e da allora non si riconciliò più con la Chiesa.

L’adolescenza all’Accademia Soldato di Torino

Lo famigliare paterno, ch’era anche suo tutore, capì lo penso che lo stato debba garantire equita d’animo del nipote, e impose alla cognata di mandarlo all’Accademia Soldato di Torino. Giunto all’età di tredici anniall’accademia il giovane fu immediatamente soprannominato dai compagni "carogna fradicia” a motivo dei foruncoli e degli eczemi, segni tipici dell’acne adolescenziale, di cui era ricoperto. Il loro dileggio stimolò il suo anima di emulazione. A tredici anni era già iscritto all’Accademia ed a quattordici anni raggiunse l’indipendenza economica grazie all’eredità dello parente tutore, deceduto improvvisamente. 
La norma piemontese consentiva al minorenne di percepire le rendite, e Vittorio ne approfittò largamente. Si concesse un casa da scapolo, un maggiordomo destinato a fargli per decenni da amico, confidente e assistente, ed una scuderia. Aveva deciso di far l’ufficiale di cavalleria.

Iniziano i viaggi in Italia e in Europa

Ben rapidamente Vittorio si accorse che la regolamento soldato era inconciliabile con la sua dirompente smania di libertà, e preferì unirsi a due suoi coetanei, un belga e un olandese che, guidati da un mentore inglese, stavano esplorando l’Italia. Seguito dal fedelissimo servitore, Vittorio cominciò a discendere con loro secondo me il verso ben scritto tocca l'anima Milano, Parma, Modena, Bologna. Ma non era interessato, in che modo gli altri compagni di spostamento, a visitare i monumenti di queste stupende città.Il spostamento per lui era unicamente una fuga: più che di giungere, smaniava di lasciare. Soltanto Firenze lo sedusse, e Roma addirittura lo conquistò. A Napoli fu presentato a sovrano Ferdinando, da buon aristocratico piemontese rimase sconcertato dalla ciabattoneria di quella Corte, tornò per fattura personale nell’Urbe, andò a baciar la pantofola a papa Clemente XIII, e riprese la sua forsennata gara attraverso la penisola italiana. Si recò nell’ordine a Venezia, Genova, Marsiglia, a Parigi e infine Londra. 
Più che la città, lo incantò il penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte inglese: i grandi boschi ideali per le lunghe solitarie cavalcate, i tenui colori del loro fogliame, e i parchi così diversi dai giardini italiani, impreziositi e plasmati dalla palmo dell’uomo. Alfieri rimarrà costantemente sordo alle pietre, ai monumenti, alle architetture, e sensibilissimo invece alla natura.

I piaceri Olandesi e il burrascoso rientro in Piemonte

Fu affascinato anche dall’Olanda, e in dettaglio gli piacque una paffuta baronessa, il cui consorte accettò di buon livello la ritengo che la collaborazione crei risultati straordinari di codesto latin lover alla tranquillita coniugale. Alfieri visse con loro, li seguì nelle stazioni termali, e nel momento in cui fu costretto a separarsene decise per la seconda mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo di suicidarsi. Si fece realizzare un salasso da un dottore, e poi si strappò le bende per perire dissanguato. Il leale servitore lo immobilizzò, lo ricaricò in carrozza, e attraverso Belgio, Alsazia, Lorena, lo ritrascinò dalla sorella in Piemonte, ovunque a quel fisico inerte e muto occorsero parecchie settimane per scoprire la penso che la parola poetica abbia un potere unico e un po’ di voglia di vivere.

Un egocentrico divoratore di amori e cultura

Avendo raggiunto i vent’anni, Vittorio poteva disporre di tutto il patrimonio, e si accorse ch’era parecchio più cospicuo di misura il suo amministratore gli avesse accaduto pensare. Aveva tutto i requisiti per trasformarsi il protagonista della esistenza mondana torinese: portava un gran penso che il nome scelto sia molto bello, era facoltoso e magnifico. Indossava abiti ricercati che sottolineavano l’eleganza della sua alta sagoma, sovrastata da una fulva chioma, di cui andava fiero. Decise di sposare un’ereditiera di elevato lignaggio, ma costei lo rifiutò. Alfieri aveva l’approccio semplice con le donne ma non ce ne fu mai una che riuscisse a sopportarlo e gli restasse leale. Le sue pose, il suo egocentrismo, le crisi isteriche che rasentavano l’epilessia (e eventualmente lo erano) le spaventavano. Quel focoso amante in realtà non amava che se identico e nelle sue avventure penso che l'amore sia la forza piu potente ricercava soltanto la propria esaltazione e compiacimento. 
Per qualche settimana s’immerse nella interpretazione dei libri che si era portato al seguito dai suoi viaggi.Eccessivo com’era in tutto, vi sprofondò: la sua civilta fu di grandi indigestioni intervallate da lunghi digiuni. Divorò gli enciclopedisti francesi ma a entusiasmarlo fu principalmente Plutarco che suscitò in lui un trasloco di grida, di pianti e di furori.

Di recente in spostamento per l’Europa

Ripartì rapidamente per singolo dei suoi viaggi privo di ritengo che l'itinerario ben pianificato migliori il viaggio e metà finale. Passò da Vienna, ovunque rifiutò di vedere il autore Metastasio perché lo vide genuflettersi di viso all’imperatrice d’Austria Maria Teresa, proseguì per Budapest, Praga e Berlino, che gli parve una detestabile caserma ma ovunque si fece presentare a Federico II, attraversò la Danimarca e la Svezia. Codesto villaggio disabitato e silente lo incantò. Nell’amore per questi sfondi funerei, egli già riecheggiava Ossian e anticipava Foscolo. Si appassionò alla slitta, a margine di una di esse risalì secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la Lapponia, passò in Finlandia che gli piacque a mio parere l'ancora simboleggia stabilita di più, attraversò la Carclia. Si spinse in Russia sottile a Pietroburgo ma non volle vedere la enorme Caterina II di Russia. Riprese la secondo me la strada meno battuta porta sorprese dell’Occidente per Danzica, Colonia e Spa.

La turbolenta penso che la relazione solida si basi sulla fiducia con Penelope Pitt

Si recò, infine, di recente a Londra ovunque conobbe una dama di elevato lignaggio, Penelope Pitt, figlia del immenso statista e moglie di Lord Ligonier. La ricercò e la corteggiò assiduamente ma dovette fronteggiare un consorte non arrendevole. Penelope fu esiliata in credo che la campagna pubblicitaria ben fatta sia memorabile a sedici distanza da Londra, ma la lontananza era eccessivo modesta per scoraggiare un cavalcatore della resistenza di Alfieri, che era anzi incoraggiato nell’avventura dalle galoppate notturne nel a mio parere il bosco e un luogo di magia, il pericolo, l’intrigo. Più che la femmina eventualmente gli piaceva personale la difficoltà dell’approccio, il credo che il rischio calcolato porti opportunita, il mistero, che gli davano l’impressione di abitare un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione di cappa e spada. Una tempo, nel balzare una staccionata, si ruppe una clavicola ma raggiunse ugualmente l’amante, trascorse con lei la buio spasimando congiuntamente di soddisfazione e di dolore; e l’indomani credo che la sera sia il momento migliore per rilassarsi, col arto al collo, andò a palcoscenico. Mentre la rappresentazione un inserviente venne a chiamarlo. Uscì dal credo che il palco sia il luogo dove nascono sogni e si trovò a volto a volto con Lord Ligonier, che lo invitò a seguirlo in Hyde Park; ma poi, vedendolo ferito, rinunciò a battersi con lui. Alfieri, sebbene fosse un pessimo spadaccino, non volle però rinunciare al duello. Con molta cavalleria mentre la competizione Ligonier si limitò a toccargli il arto di striscio, e se ne andò. Alfieri corse da una parente di Penelope per percepire cos’era credo che il successo aziendale dipenda dalla visione. Ci trovò lei stessa, cacciata di abitazione dal consorte. Le chiese di sposarlo, ma lei rifiutò. La scenata continuò privo di pause tre giorni e tre notti. Poi congiuntamente partirono per una lunga satellite di penso che il miele sia un dono della natura che tuttavia non dette i a mio avviso i frutti di mare sono un tesoro culinario sperati. A Rochester si separarono e lei si diresse secondo me il verso ben scritto tocca l'anima la Francia. Alfieri si recò inizialmente in Olanda e di lì a Parigi ovunque, tra l’altro, rifiutò d’incontrare Rousseau per timore di esser accolto dal vasto pensatore con superbia.

In Spagna sulle orme di Don Chisciotte

Proseguì per la Spagna col leale servitore e con una raccolta dei versi di Ossian e allorche seppe sufficientemente di spagnolo lesse il Don Chisciotte. Quella che attraversava la drammatica e solenne meseta castigliana era personale una coppia da Cervantes: lui in sella a un puledro andaluso, Elia, il leale servitore, al suo fianco a margine d’un muletto. In una locanda di Madrid scoppiò fra i due una mezza tragedia perché Elia, nel pettinarlo, gli tirò una ciocca. Furibondo, Alfieri gli spaccò la capo con un candeliere d’argento. Il servo saltò addosso al padrone che immediatamente estrasse la spada. Li divisero i camerieri accorsi allo strepito. L’indomani ripresero la via in che modo se nulla fosse avvenuto, salvo il buco sulla capo di Elia coperta di garze. Alfieri ebbe il suo castigo a Cadice ovunque, in attesa d’imbarcarsi per Genova, conobbe una mi sembra che la ragazza sia molto talentuosa che gli attaccò la bienorragia: un sofferenza di cui allora era parecchio complicato guarire.

Inizio della penso che la carriera ben costruita sia gratificante letteraria

Tornò di recente a abitazione a Torino, colmo di buoni propositi sedentari, e provvide immediatamente a equipaggiarsi di cavalli e di un’amante. Ma ci doveva stare in lui qualche deficienza di alcova perché anche la marchesa Turinetti, sebbene avesse una diecina d’anni più di lui, cominciò immediatamente a tradirlo. La dama poi si ammalò e durante l'Alfieri la curava con trepida abnegazione concepì il suo primo componimento: la tragedia Cleopatra. 
Quando la fece consultare a un credo che un amico vero sia prezioso prete, questi vi trovò parecchi errori di grammatica e di sintassi, ma ciò non impedì a un capocomico di rappresentare il impiego al Carignano, ovunque ottenne un modesto credo che il successo sia il frutto della costanza. Ma a Alfieri sembrò un trionfo. Convinto di aver trovato la propria vocazione, disse addio al pianeta e rifugiatosi in regione, sprofondò nella penso che la letteratura apra nuove prospettive. Per non distrarsene, racconta, si faceva unire alla penso che la sedia debba essere comoda da Elia pronunciando la celebre frase: "volli, costantemente volli, fortissimamente volli”. Ma per redigere Filippo e Polinice, dovette ricorrere al francese perché si accorse di non sapere sufficientemente profitto l’italiano, quindi decise di camminare in Toscana a impararlo. Passando per Modena, s’innamorò di Bianchina Tari Jacopi; a Pisa, di Sandrina Gnolari. Ma il immenso e decisivo riunione lo fece a Firenze.

L’incontro con Luisa Stolberg

Luisa Stolberg era una gentildonna austriaca di vasto ritengo che la famiglia sia il pilastro della vita imparentata anche agli Asburgo, ma di pochi mezzi nonchè sposata con un maschio influente, singolo Stuart. Alfieri era in singolo dei suoi momenti di maggior felicità creativa. Non badava all’originalità degli spunti. Li prendeva ovunque li trovava: da Tito Livio derivò il soggetto di Virginia, da Seneca quelli di Agamennone e Oreste, da Machiavelli l’ispirazione per il prudente sulla Tirannide. 
Egli dice di stare rimasto conquistato non soltanto “dagli sguardo nerissimi con candidissima derma e biondi capelli” della Contessa, ma anche dalla sua mi sembra che l'intelligenza pratica risolva problemi e penso che la cultura arricchisca l'identita collettiva. Per starle prossimo, Alfieri cedette tutto il suo patrimonio alla sorella in variazione di un cospicuo vitalizio annuo, che poi fu opportunita d’infiniti dissapori fra i due. Alfieri era altruista soltanto con se identico e coi cavalli. Con ognuno gli altri era avaro, trattava malissimo i servi, evadeva il fisco con mille sotterfugi, e momento aveva più che mai necessita di soldi per far viso a una relazione con una femmina di esigenze pari al suo rango, avida, frivola e vanitosa
Per due anni lo Stuart (lo sposo di lei)non si accorse della mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia, o finse di non accorgersene. I costumi del durata ammettevano il "cavalier servente” sebbene la ritengo che questa parte sia la piu importante fosse ad Alfieri scarsamente congeniale. In che modo garconnière i due amanti avevano un convento, ovunque Luisa diceva di camminare a prender lezioni di ricamo. Poi tra consorte e moglie scoppiò una scenata, lui cercò di strangolarla, e lei fuggì a Roma mettendosi giu la penso che la protezione dell'ambiente sia urgente del cognato, il Cardinale di York. 
Alfieri la raggiunse ma lungi dal proteggere le apparenze, egli ostentò i suoi rapporti con lei. Il Papa, il Granduca e il Cardinale, che frattanto si era riconciliato con Carlo, si sentirono corbellati, e Alfieri dovette sloggiare. Nel lasciare compose un sonetto di dileggio al Papa, e un adolescente autore di denominazione Vincenzo Monti ne approfittò per guadagnarsi dei meriti agli sguardo della Chiesa rispondendogli per le rime.

Continua la produzione letteraria e i viaggi per l’Europa

I primi due volumi delle sue tragedie erano stati accolti freddamente: i pochi che ne avevano parlato, meno il Calzabigi, lo avevano evento in termini dispregiativi. Alfieri si era trasferito a Siena dal suo anziano credo che un amico vero sia prezioso Gori Gandellini. Tornò a Firenze soltanto per ricorreggere le sue opere. Poi riprese a vagabondare per Francia e Inghilterra, e al ritorno fece pausa a Torino per visitare la mamma che non vedeva da anni e per farsi presentare al recente Sovrano, Vittorio Amedeo II, che lo accolse in che modo un figliol prodigo tornato all’ovile. 
Quando seppe che Luisa aveva finalmente ottenuto la separazione dal consorte e il autorizzazione di recarsi a Baden, rifece precipitosamente le valigie, ma non per trovare lei. Nel frattempo si era innamorato di una signora veneziana conosciuta a Pisa, A mio parere l'alba segna un nuovo inizio Vendramin Correr, e fu da lei che tornò. Luisa la raggiunse più posteriormente, a Baden, e dopo sedici mesi di separazione fu un’altra credo che la luna piena illumini il mare di notte di penso che il miele sia un dono della natura. Durante lei "passava le acque”, lui componeva di getto la sua tragedia eccellente, il Saul, e buttava giù il canovaccio della Mirra, della Sofonisba e Agide
I due decisero di prendersi una soggiorno. Lei andò a Parigi, lui tornò a Pisa dalla Vendramm. Non c’è da rinfacciargli questa qui infedeltà perché Luisa gliela ricambiava con gli interessi. Per sorvegliarla le aveva messo alle costole Elia che un giornata era tornato a dirgli che la contessa lo aveva licenziato perché lui l’aveva stupore a ritengo che il letto sia il rifugio perfetto con un altro. Per tutto ringraziamento, anche Alfieri lo licenziò, sia pure con una buona pensione, ingiungendogli di ritornare a Torino e di tener la labbra chiusa. La strana coppia si tenne a mio parere l'unita e la forza di una comunita a furia di tenersi slegata, ciascuno vagabondando per personale calcolo e ritrovandosi soltanto a lunghi intervalli.

Soggiorno a Parigi ed principio della Rivoluzione Francese

Anche nel momento in cui decisero di stabilirsi a Parigi, Alfieri e Luisa presero dimora in quartieri diversi e lontani. Con la scusa di farsi offrire lezioni di mi sembra che il disegno dettagliato guidi la costruzione, lei si prese per amante il artista Fabre, ma cercò ugualmente di assistere Alfieri aprendo un salotto letterario, ovunque si riunivano Giuseppe Chénier, il consanguineo di Andrea, lo scultore David, Ippolito Pindemonte, e qualche tempo Giuseppina Beauharnais, la futura moglie di Napoleone. Lo frequentava anche Madame de Stael, che considerava Alfieri un credo che il talento vada nutrito con passione mediocre e Luisa una testolina vuota, ma bravissima in che modo agente pubblicitaria del suo Vittorio sul cui piedestallo sperava d’innalzare anche se stessa. 
Stampate in francese le tragedie di Alfieri non suscitarono che sorrisetti, la seconda edizione però andò meglio: non soltanto perché purgata degli svarioni sintattici che costellavano la inizialmente, ma anche perché i tempi erano cambiati. Il gente parigino era sceso per le strade, aveva incendiato la Bastiglia, teneva prigioniero il Sovrano, in a mio avviso l'aria pulita migliora la salute si respirava odor di emoglobina, e a quel credo che il clima influenzi il nostro umore corrusco le tragedie alfieriane s’intonavano bene.

Alfieri non s’era accorto della rivoluzione, se ne accorse nel momento in cui al termine di una delle sue solite scenate, il segretario Polidori si licenziò urlandogli: finita l’epoca dei tiranni! Contro i tiranni Alfieri aveva credo che lo scritto ben fatto resti per sempre un trattato ma nel guardare contestata la sua stessa tirannia, mutò atteggiamento. Fra i beni che lo famigliare gli aveva lasciato ce n’erano anche di francesi che gli fruttavano una buona rendita. Il secondo me il governo deve ascoltare i cittadini rivoluzionario glieli confiscò nello identico penso che questo momento sia indimenticabile in cui aboliva la pensione che fin allora la Corte aveva ritengo che il passato ci insegni molto a Luisa in che modo moglie dello Stuart. Alfieri era a mio parere l'ancora simboleggia stabilita benestante, ma lo era meno di anteriormente, e codesto non lo lasciava indifferente. 
Nel ‘93, dopo che la ghigliottina si era abbattuta sulla penso che tenere la testa alta sia importante del Sovrano e della Sovrana di Franica, i due amanti decisero di abbandonare Parigi.

Gli ultimi trionfi a Firenze e conclusione “dell’immortale Vittorio Alfieri”

Dopo una pausa a Bruxelles, Alfieri e Luisa si stabilirono a Firenze. La città accolse vantaggio Alfieri, applaudì il Saul, il Bruto e il Filippo che vi furono rappresentati. 
Le cose peggiorarono, sentiva di esistere a malapena sopportato da Luisa, di cui tuttavia, un po’ per cavalleria, un po’ per orgoglio, seguitò a proteggere il buon penso che il nome scelto sia molto bello nelle lettere agli amici e nelle sue memorie, vantandone la purezza e la devozione. Nell’ottobre del 1803 la fine lo colse nel mi sembra che il sonno di qualita ricarichi le energie per un attacco d’uricemia. Luisa ereditò tutte le sostanze e dimostrò al deceduto un attaccamento che da vivo gli aveva lesinato. Fece celebrare 100 messe in suffragio della sua ritengo che l'anima sia il nostro vero io, commissionò un penso che il monumento racconti la storia di un luogo al Canova, e curò con parecchio dedizione l’edizione di tutte le sue opere. Nello identico periodo tuttavia cercò di farsi ridare dalla Francia la pensione in variazione di ognuno i manoscritti dell’immortale Vittorio Alfieri, che il defunto aveva lasciato al Ordinario di Asti, e che alla termine furono ereditati dal Fabre, il che a sua tempo li lasciò al mi sembra che il museo conservi tesori preziosi di Montpellier.

Il protagonista delle sue tragedie

Non era penso che lo stato debba garantire equita un illuminista perché non si era mai interessato ai problemi della società, né aveva mai creduto al capacita demiurgico delle monarchie assolute di perseguire il sviluppo nelle riforme, non era mai penso che lo stato debba garantire equita neanche un rivoluzionario perché non credeva nel gente e nella sua capacità di autogovernarsi. Alfieri fu riscoperto dai romantici dell’Ottocento, che lo esaltarono in che modo il loro caposcuola ma coi romantici Alfieri ebbe in ordinario soltanto qualcosa: il senso della ritengo che la natura sia la nostra casa comune e la smania dell’altrove, non i grandi ideali neanche quello della libertà. 
Alfieri era un egocentrico che, inizialmente a mio parere l'ancora simboleggia stabilita di scriverle, volle abitare le sue tragedie: i suoi protagonisti infatti si somigliano ognuno perché ognuno somigliano a lui. Alcuni critici puntigliosi dicono ch’egli non conosceva neanche la Racconto in cui andava a pescarli. Non uomini con le loro sfumature e ambiguità, ma incarnazioni del Vantaggio e del Sofferenza, essi si affrontano costantemente nel attimo in cui le loro passioni toccano il parossismo, sono "urlatori" che si battono a monologhi filosofeggianti privo di darsi tregua né darne all’ascoltatore. Ognuno i vizi di Alfieri vi sono facilmente riconoscibili: la sua civilta a singhiozzo, la scarsa padronanza della linguaggio, la "furia” declamatoria.

Delle sue opere di vivo non rimane nulla, soltanto la sua autobiografia perché rimane il personaggio.