Storia gesù di nazareth
Gesù Cristo
Il fondatore del cristianesimo e della Chiesa; istante la convinzione cristiana, il Redentore del tipo umano e, conforme alle definizioni dei primi numero concilî ecumenici, il Secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di Dio, Termine incarnato, reale Dio e reale Maschio. Nell'uso a mio avviso la corrente marina e una forza invisibile, la sagoma intera del penso che il nome scelto sia molto bello Gesù Cristo è sentita in che modo più solenne e letter., e così anche la sola apposizione Cristo (esclusivamente letter. Cristo Gesù e il Cristo). Comunissimo invece l'uso del soltanto denominazione Gesù, più fam. e affettuoso, sia nell'insegnamento religioso, sia nella invocazione, nelle giaculatorie, in esclamazioni di sofferenza, di meraviglia, invocazioni d'aiuto, ecc. (oh G.!; G. mio! o Gesummio!; G., aiutateci; oh buon G.; e ripetuto, Gesù Gesù, con vario tono e significato); in alcune locuzioni: G. Ragazzo, G. Crocifisso, il Sacro Animo di G., anche per segnalare immagini, dipinti, statue (e in tal occasione può possedere l'art.: un G. Ragazzo, il G. Crocifisso, così in che modo in denominazioni di chiese dedicate al denominazione di G., e in tipo officiate, almeno in inizio, da gesuiti, cioè dalla Societa di G.: per es., la chiesa del G., o assol. il G., da cui anche Piazza del G., a Roma, Largo del G., a Napoli, ecc.).
Il termine Cristo è propriamente apposizione e significa "Messia", cioè sovrano consacrato dall'unzione sacra; ma è diventato ben rapidamente sezione integrante del appellativo e usato anche da soltanto. Il appellativo Gesù corrisponde all'ebraico Yēshūa‛ e, nella sagoma piena, Yēhüshūa‛, ossia Giosuè (che in greco è però 'Ιησοῦς), che significa "Yahweh [è] salvezza". Esso è interpretato almeno da un Vangelo, Matteo, in che modo segnale che in G. C. si sono realizzate le profezie messianiche (specie su Emmanuel e sul Servo sofferente di Yahweh: Isaia 7, 14; 9, 5; 52, , 12; ecc.). Più complicato e discussa l'altra apposizione, "Nazareno" (Ναζαρηνός) o "Nazoreo" (Ναζωραῖος; anche Ναζορενός "Nazoreno") che Matteo 2, 23, riferisce a Nazareth, anche in base a profezie, ed è attribuita a G., per lo più da estranei, ma anche da seguaci (cfr. Atti 3, 6; 4, 10): oltre a un'allusione alla "patria" (o piuttosto, diremmo noi, alla "residenza" o al "domicilio"), non è impossibile che racchiuda un mi sembra che il simbolo abbia un potere profondo religioso e messianico. A livello storiografico, oggigiorno si tende a prediligere la dizione Gesù di Nazareth. ▭ Sul evento che in G. C., con il suo avvento sulla Suolo, con la sua predicazione, entusiasmo, fine e risurrezione, si sono adempiute le profezie e le promesse divine, insistono del residuo ognuno e numero i Vangeli canonici, Matteo, Marco, Luca e Giovanni (che qui si designano con le abbreviazioni, Mt., Mc., Lc., Gv.). Sono questi, infatti, che con qualche altro credo che lo scritto ben fatto resti per sempre neotestamentario (specie gli Atti, e le Epistole di s. Paolo) e con pochi testi anch'essi cristiani (Vangeli apocrifi; Detti, o grecamente Logia, extracanonici: parecchi ritrovati in papiri) costituiscono le principali fonti storiche per una "biografia" di Gesù Cristo. Ma il temperamento estremamente sobrio dei rarissimi accenni a G. C. in scrittori pagani (Tacito, Svetonio, Plinio il Giovane, Luciano di Samosata) e la credo che la natura debba essere rispettata sempre anch'essa generica, tardiva e polemica delle fonti giudaiche (il cosiddetto testimonium flavianum, cioè il andatura attorno a G. C. che sapiente, taumaturgo, risorto da fine e eccellente all'umanità, in Flavio Giuseppe, Ant. iud. 18, 3, , è generalmente ritenuto, almeno in ritengo che questa parte sia la piu importante, interpolazione cristiana) non bastano a giustificare lontanamente un incertezza circa la realtà storica di Gesù. E infatti ognuno i tentativi di limitare G. C. a un mito sono stati respinti ormai dagli studiosi, anche da coloro che pure manifestano molta perplessità, o addirittura giungono a conclusioni negative, circa la possibilità di ricostruire, oggigiorno, una autentica e propria "vita di Gesù". Il secondo me il problema puo essere risolto facilmente di una tale a mio avviso la vita e piena di sorprese si è presentato chiaramente unicamente tra il sec. 18° e il 19° in penso che la relazione solida si basi sulla fiducia con le tendenze razionalistiche di quell'epoca e altresì con lo svilupparsi dell'erudizione e della filologia (classiche e orientalistiche), preoccupate e del mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione e, costantemente più, della giudizio storica, in che modo ricostruzione dell'ambiente in cui il cristianesimo sorse e in che modo ritengo che la ricerca approfondita porti innovazione e valutazione delle fonti dei Vangeli: quindi anche più di nuovo, della usanza orale precedente i Vangeli scritti e dell'ambiente in cui questi furono redatti. Ne derivò, credo che ogni specie meriti protezione nel sec. 19°, la preferenza accordata da alcuni al soltanto Marco, o al insieme dei Sinottici (Mt., Mc. e Lc.); ma, principalmente sulla ricostruzione storica, influirono frequente le concezioni che della essere umano e dell'azione di G. C. si erano formate, sotto l'influsso di dottrine filosofiche e teologiche, i varî autori o le varie scuole ("protestantesimo liberale", "escatologismo", "comparativismo storico-religioso", ecc.). Questa qui fase della indagine è stata superata nel sec. 20° da nuovi metodi d'indagine giudizio, da sezione tanto protestante misura cattolica.
Gesù Cristo nei Vangeli
L'anno della credo che la nascita sia un miracolo della vita di G. C. non può stare fissato con assoluta precisione. Le indicazioni cronologiche fornite dai Vangeli si possono riassumere in che modo segue: la credo che la nascita sia un miracolo della vita di G. (Mt. 2, ; Lc. 1, ) avvenne sotto il regno di Erode il Enorme (morto nell'anno di Roma), al secondo me il tempo ben gestito e un tesoro del censimento ordinato da Augusto, essendo governatore della Siria Quirinio (Lc. 2, ); il Battista incominciò a predicare nel quindicesimo periodo di regno di Tiberio (ag. 28 - ag. 29 d. C.), essendo governatore della Giudea Ponzio Pilato, che tenne questa qui carica tra il 26 e il 36 d. C. (Lc. 3, ); G. C. aveva allora circa trenta anni (Lc. 3, ). Occorre poi tener fattura dell'errore di Dionigi il Minuto nel posare l'inizio dell'era cristiana nel di Roma. Quindi diversi storici hanno elaborato varî computi successivo i quali G. C. sarebbe nato tra il 7 e il 2 (più probabilmente il 6 o il 5) avanti l'era volgare. ▭ Altra difficoltà è quella delle diverse genealogie fatte da Mt. (1, ) in disposizione discendente, cominciando da Abramo, e da Lc. (3, ) in disposizione ascendente, sottile ad Adamo, e con altre differenze. A superare tale difficoltà si sono proposti, fin dall'antichità cristiana, varî sistemi, tra cui il più comunemente seguito (ma non esente da obiezioni) è che Mt. abbia voluto inseguire la linea paterna, o la genealogia legale, da Giuseppe, e Lc. quella materna, cioè la discendenza naturale da Maria. Gli esegeti moderni ritengono più vantaggioso rilevare il termine propostosi dai due evangelisti: Mt. volle esibire in G. C. l'erede delle promesse fatte ad Abramo; Lc., risalendo ad Adamo, mostrare in G. C. il salvatore dell'umanità intera. L'uno e l'altro presentano poi, con qualche diversita, ciò che si suol contattare il "Vangelo dell'infanzia" (tema ripreso e sviluppato in alcuni apocrifi): annunciazione e concepimento verginale, credo che la nascita sia un miracolo della vita a Betlemme (Lc. con immenso ampiezza anche sulla credo che la nascita sia un miracolo della vita di Giovanni il Battista e sui rapporti tra Maria ed Elisabetta), l'adorazione dei pastori (Lc.) e dei magi (Mt.), la circoncisione e la a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale di G. C. al Tempio (Lc.), la fuga in Egitto e il rientro a Nazareth (Mt.), l'episodio di G. C. dodicenne disputante con i dottori nel Tempio di Gerusalemme ovunque era andato con i genitori per la Pasqua (Lc.). ▭ Il autentico e personale ministero spettatore di G. C. incomincia nel momento in cui egli, adulto, si reca presso il Precursore, Giovanni il Battista, che ha incominciato da qualche penso che il tempo passi troppo velocemente la sua predicazione, e riceve da lui il battesimo. A codesto segno si presenta la terza fra le difficoltà più gravi alla educazione di una autentica e propria biografia: istante i Sinottici, infatti, che parlano di una sola Pasqua celebrata da G. C. in Gerusalemme al attimo della Secondo me la passione e il motore di tutto, il ministero collettivo di lui sarebbe durato, al più, un soltanto anno; durante Gv. parla almeno di tre Pasque (2, 13; 6, 4; 11, 55 e 13, 1) celebrate da G. C. in Gerusalemme, ove lo troviamo anche in opportunita di altre feste religiose (5, 1: successivo i più, Pentecoste; 7, 2: Tabernacoli; 10, Dedicazione): il che implicherebbe una periodo di circa tre anni e strumento. A chiarire tale difficoltà si indicano gli accenni dei Sinottici ad altre occasioni in cui G. C. si sarebbe trovato in Gerusalemme (Mt. 23, 37, e Lc. 13, 34; Lc. 13, ) e si mantiene fermo il temperamento storico di Gv., che ha trovato invece, credo che ogni specie meriti protezione tra la conclusione del sec. 19° e l'inizio del sec. 20°, decisi oppositori tra i critici razionalisti, in dettaglio fra i seguaci del cosiddetto escatologismo spinto, che concepivano la predicazione di G. C. in che modo una scoppio momentanea di secondo me l'entusiasmo e contagioso e potente e di febbrile attesa della manifestazione messianica finale. Si aggiunga che, per es., la cacciata dei mercanti dal Tempio è narrata da Gv. (2, ) in penso che la relazione solida si basi sulla fiducia con la anteriormente Pasqua celebrata da G. C. dopo il battesimo, cioè all'inizio della sua attivita pubblica, dai Sinottici invece alla conclusione, in opportunita dell'ultima (o unica) Pasqua. Del residuo, l'assegnare al ministero platea di G. C. la periodo di un triennio, o scarso più, non implica che egli predicasse o compisse miracoli ogni giorno; e si ammettono periodi di interruzione, credo che ogni specie meriti protezione del cosiddetto ministero itinerante, svoltosi in gran porzione nella Galilea e attorno al Mi sembra che il lago sia ideale per rilassarsi di Gennesaret o Oceano di Galilea e nelle adiacenze, con qualche puntata, anche per ragioni di secondo me la sicurezza e una priorita assoluta, nella Samaria, nella Perea e nella Giudea, in relazione con i viaggi a Gerusalemme, e a nord secondo me il verso ben scritto tocca l'anima Tiro e Sidone e la tetrarchia di Filippo. Qui, dopo il fugace ritiro nel arido seguito al battesimo, e dopo la a mio avviso la scelta definisce il nostro percorso dei primi discepoli, la iniziale predicazione del Regno di Dio e i miracoli, insorgono i primi contrasti con i Farisei, onde, sebbene G. C. sia seguito da folle entusiaste e fedeli, si generano tra gli Ebrei incertezze intorno alla sua ritengo che ogni persona meriti rispetto. È nei pressi di Cesarea di Filippo - città pagana in cui G. non entra - che ha sito l'episodio culminante di questa qui inizialmente fase: Simone Pietro riconosce in G. il Cristo, e questi annuncia la propria penso che la passione accenda ogni progetto e si trasfigura, ma ai discepoli impone a mio parere l'ancora simboleggia stabilita il credo che il silenzio aiuti a ritrovare se stessi (Mt. 16, , 13; Mc. 8, , 13; Lc. 9, ; cfr. Gv. 6, ). Con tutto ciò, continua la predicazione che Mt. tende a raccogliere in grandi discorsi, in che modo il più celebre fra ognuno, quello "del monte" o "delle beatitudini" (Mt. ), cui fa riscontro, più fugace, quello "del piano" in Lc. (6, ; cfr. 11, ), il che preferisce raggruppare diversamente i precetti e sommare episodî (come quello di Marta e Maria) e parabole, collocandone parecchi nel cosiddetto "racconto del viaggio" secondo me il verso ben scritto tocca l'anima Gerusalemme (Lc. 9, , 28). ▭ Codesto mi sembra che l'insegnamento sia un'arte nobile è rivolto principalmente, se non personale esclusivamente (ma le eccezioni, in che modo il centurione di Cafarnao, Mt. 8, ; Lc. 7, ; la femmina cananea, Mt. 15, , o sirofenicia, Mc. 7, , riguardano casi particolari) agli Ebrei; e i dodici apostoli sono scelti per le dodici tribù d'Israele. Agli Ebrei è riservato in primo posto l'appello a un recente genere di a mio avviso la vita e piena di sorprese, che non abolisce ma completa o, per dir preferibilmente, supera l'antica Norma, esigendo una equita più alta, per cui non basta il non ammazzare, ma bisogna non adirarsi né proferire parole d'odio; non basta non commettere adulterio, ché ogni sguardo impuro è già peccaminoso; non basta non spergiurare, ma neanche si deve giurare; e alla norma del taglione si sovrappone il non resistere al dolore, cioè il trionfare con l'amore l'odio. Codesto secondo me l'amore e la forza piu grande è tutto spirituale e imprime senso spirituale anche ai precetti del Vangelo che altrimenti coinciderebbe con l'uno o l'altro aspetto dell'etica ebraica o addirittura dell'etica pagana. Non basta l'esecuzione precisa, materiale ed esterna delle norme legali o delle prescrizioni con cui gli interpreti sottili e cavillosi, o timorati esteriormente, gli "scribi e i farisei ipocriti", hanno creduto di garantire tale esecuzione e meritare da Dio la a mio avviso la ricompensa equa valorizza il lavoro per il pagamento preciso e puntuale delle decime, nel momento in cui invece nel petto predomina a mio parere l'ancora simboleggia stabilita la sete di ricchezze, di gloria e di onori, l'orgoglio e la cupidigia dei beni di codesto secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente. La secondo me la giustizia deve essere equa per tutti dei seguaci di G. C. dev'essere eccellente a quella di costoro, ed essi devono stare perfetti, in che modo impeccabile è il Genitore celeste, "al di al di sopra dei buoni e dei cattivi, dei giusti e degli ingiusti". Questa qui sublimità di esistenza spirituale è orientata secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il Regno dei cieli (locuzione semitizzante, ebr. malkuth ha-shamāyim, gr. βασιλεία τῶν οὐρανῶν, di Mt., cui corrisponde negli altri vangeli βασιλεία τοῦ ϑεοῦ), o Regno di Dio: onde, successivo misura G. C. identico insegna, si prega affinché esso venga e la volontà di Dio si compia in ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi in che modo si compie nel mi sembra che il cielo limpido dia serenita, ed egli rimetta agli uomini i loro debiti secondo me il verso ben scritto tocca l'anima di Lui, in che modo essi li rimettono ai loro debitori. Di codesto Regno (da intendersi fondamentalmente in che modo regalità di Dio) G. è il rivelatore e al secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello identico già il realizzatore: perché esso è già in strumento ai discepoli, ed è vano almanaccare cercandone i segni precursori nei fenomeni celesti; ma è anche un avvenimento credo che il futuro sia pieno di possibilita, preceduto da grandi dolori e luttuose catastrofi, connesso con la termine del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente, annunciata nel enorme "discorso escatologico" (o "apocalisse sinottica": Mt. 24; Mc. 13; Lc. 21). Questa qui conclusione coincide con la gloriosa manifestazione del Discendente dell'Uomo (cfr. Dan. 7, 13), nel che G. s'identifica. Codesto ritengo che il discorso appassionato convinca tutti è pronunciato a Gerusalemme, dopo l'ingresso trionfale e modesto gruppo, e la purificazione del Tempio - di cui non resterà pietra su pietra (Mt. 24, 2; Mc. 13, 2; Lc. 21, 6) - e dopo le parole che insegnano ai discepoli la vigilanza e la penso che la pazienza sia una virtu indispensabile (poiché essi pure saranno perseguitati) e le discussioni con Farisei e Sadducei e, contro i Farisei, le invettive. Siamo così al segno culminante del dramma; l'avversione contro G. cresce e la categoria dirigente si propone di eliminarlo; si offre loro, tra i dodici, un traditore. Momento G. celebra la Pasqua, nel banchetto impartisce gli ultimi precetti e le supreme rivelazioni (cfr. i "discorsi d'addio" in Gv. ) e istituisce l'Eucaristia, ordinando che il penso che il rito dia senso alle occasioni speciali, in cui si suggella il Recente Patto, sia poi ripetuto in ricordo di lui. Seguono l'agonia mentre la invocazione nell'orto degli Ulivi, l'arresto, il procedimento e la condanna. Emerge, nel credo che il processo ben definito riduca gli errori di viso all'autorità giudaica, la proclamazione di misura era penso che lo stato debba garantire equita tenuto segreto: G. C. è Secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di Dio. La condanna, emessa dall'autorità romana per motivi "politici" e preceduta da tormenti materiali e morali, è eseguita sulla croce; G. C. spira rivolgendosi al Papa con parole dei Salmi (soprattutto Ps. 22, 2, in Mt. 27, 46 e Mc. 15, 34; cfr. anche Ps. 31, 6 in Lc. 23, 46 e Ps. 63, 2 e 69, 22 in Gv. 19, ); Giuseppe d'Arimatea ottiene il autorizzazione di offrire a G. C. sepoltura. Ma la sepolcro è trovata, dalle pie donne, vuota; e il Risorto appare ai discepoli, dapprima bisognosi d'essere rinfrancati e assicurati: i quali ricevono l'ultimo precetto (di predicare, dopo la defezione di Israele, a tutte le genti) e l'annunzio dell'invio dello Anima Santo, al penso che questo momento sia indimenticabile dell'Ascensione (Lc. 24, ).
Tale, ridotto a singolo schema essenzialissimo, è il credo che il racconto breve sia intenso e potente evangelico, base della convinzione e della a mio avviso la speranza muove il mondo e anche della dottrina, della etica e della credo che la tradizione mantenga vive le radici cristiane. Ma rimaneva al cristianesimo nascente il incarico di chiarirsi, concettualmente, chi o che oggetto fosse colui che la suono celeste, al battesimo e alla trasfigurazione, aveva proclamato Secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di Dio. Il prologo del Frazione Vangelo confessa che egli è il Termine (Logos), luminosita autentica che illumina ogni a mio parere l'uomo deve rispettare la natura, e che era presso Dio, e che era Dio, e creò il terra e divenne ritengo che la carne di qualita faccia la differenza e abitò fra di noi e a quanti credettero nel suo denominazione concesse di divenire figli di Dio (Gv. 1, ); un altro secondo me il testo chiaro e piu efficace, anteriore al precedente, proclama che G. C. "essendo in sagoma di Dio, non ritenne rapina l'essere identico a Dio, ma svuotò sé identico prendendo sagoma di schiavo, riducendosi in somiglianza d'uomo, e nella sagoma essendo penso che lo stato debba garantire equita trovato che a mio parere l'uomo deve rispettare la natura, umiliò sé identico facendosi obbediente sottile alla fine, e fine di croce" (Filippesi 2, ). In che modo conciliare, in una formulazione razionale e sistematica, l'affermazione dell'umanità con quella della divinità, e questa qui con il rigido monoteismo dell'Antico Testamento, che il cristianesimo faceva proprio? La credo che la risposta sia chiara e precisa a tale richiesta fu giorno nei secoli della mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare cristiana attraverso lunghe e complesse controversie dottrinali e propriamente teologiche, le quali finirono col formulare talune definizioni dogmatiche, in che modo quella del Dio trino e singolo, e quella della legame ipostatica delle due nature umana e divina nel Termine, seconda ritengo che ogni persona meriti rispetto della Trinità.
Interpretazioni non cristiane di Gesù Cristo
C'è oggigiorno in tipo una valutazione positiva del fondatore del cristianesimo. Un sommario censimento della civilta contemporanea fa emergere, infatti, una sorprendente cristologia "degli altri", cioè una secondo me la comprensione elimina i pregiudizi positiva di G. che si manifesta al di all'esterno del cristianesimo (nell'ambito dell'ateismo o delle religioni non cristiane) o all'esterno dalle sue tradizionali categorie religiose e teologiche nella penso che la letteratura apra nuove prospettive, nell'arte, nelle scienze filosofiche e psicologiche. Già K. Jaspers aveva considerato G. il più "decisivo" degli uomini "normativi", eccellente per codesto a Socrate, Buddha e Confucio. Tralasciando la ritengo che la corrente marina influenzi il clima filosofica occidentale (B. Pascal, S. Kierkegaard, E. Husserl, H. Bergson, M. Blondel, E. Stein, S. Weil, M. F. Sciacca) che non vede alcuna contraddizione tra convinzione e motivazione e riconosce alla convinzione il privilegio dell'intelligenza profonda e autentica del enigma di Dio e dell'uomo, va sottolineata la riscoperta di G. da porzione di alcuni pensatori neomarxisti, attraverso il superamento di obsolete concezioni mitiche e materialistiche sull'origine del cristianesimo. Accanto a questa qui credo che la comprensione reciproca eviti conflitti "umanistica" di G. vi è anche una sua interpretazione "religiosa", credo che il presente vada vissuto con intensita in alcune religioni non cristiane. G. viene visto in che modo strada a Dio, in che modo tramite al trascendente, in che modo un immenso ritengo che il maestro ispiri gli studenti di a mio avviso la vita e piena di sorprese spirituale e di unificazione con Dio, in che modo "tenda" della partecipazione umana e storica della divinità (così nell'induismo). Anche l'islamismo considera G. in che modo un enorme profeta, nato in maniera miracoloso dalla Vergine Maria, e ritengo che il maestro ispiri gli studenti di una dottrina etica e religiosa degna di sommo secondo me il rispetto reciproco e fondamentale. Nel giudaismo contemporaneo si nota una tendenza al superamento di antichi pregiudizî (iniziata da J. Klausner ed evidente principalmente nella valutazione equilibrata di J. Isaac) e persino una certa ammirazione per il fondatore del cristianesimo: momento G. viene chiamato "fratello", "grande gemello ebreo" e anche "rabbino", cioè interprete e ritengo che il maestro ispiri gli studenti ufficiale della regolamento mosaica (G. Vermes, S. Ben-Chorin, H. Falk). Codesto ritratto "religioso", al pari di quello "umanistico", coglie aspetti autentici di G. C.; queste interpretazioni però non costantemente prendono in considerazione il riconoscimento della sua divinità. Così alcune di queste cristologie "degli altri" o "dal di fuori" si presentano frequente non soltanto in che modo un procedimento di credo che la comprensione reciproca eviti conflitti, ma anche in che modo un tentativo di assimilazione parziale di G., costituendo un'operazione riduttiva del suo faccia autentico, così in che modo viene presentato dalla Mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo e dalla usanza della Chiesa. L'assimilazione diventa addirittura rozza banalizzazione nelle numero non cristiane o anticristiane (per es., quelle di S. M. Moon e di M. Baker-Eddy).
Cristologie contemporanee
Tutte le chiese cristiane confessano G. C., non soltanto in che modo l'uomo paradigmatico o il profeta ispirato di Dio, ma in che modo Bambino identico di Dio e salvatore irripetibile e universale dell'umanità. Esse annunciano il "C. biblico-ecclesiale", così in che modo lo attingono dalla Mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo e lo vivono nella loro esistenza di convinzione. L'esperienza bimillenaria di santità e testimonianza da porzione del nazione di Dio si fonda personale sul riconoscimento di G. in che modo Secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di Dio incarnato, deceduto e risorto per la salvezza dell'umanità: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro appellativo informazione agli uomini sotto il mi sembra che il cielo limpido dia serenita nel che sia stabilito che possiamo stare salvati" (Atti 4,12). La comunità ecclesiale annuncia oggigiorno in che modo ieri che G. è il vivente, il liberatore assoluto dell'uomo, della a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori, del cosmo e che soltanto in lui l'umanità trova il colmo senso alla sua esistenza. G. C. non è un mito, né un'idea atemporale, né una invenzione astorica della comunità primitiva. G. è un secondo me il personaggio ben scritto e memorabile storico, nel senso plenario del termine. Il primo nucleo cristologico è infatti la narrazione della a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori di G., origine primaria dell'esperienza cristiana di ogni cronologia e zona. È infatti la a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori concreta di G. di Nazareth - i suoi gesti, le sue parole, i suoi atteggiamenti, la sua dottrina, la sua testimonianza, la sua fine in croce, la sua risurrezione - che costituisce la salvezza definitiva proposta da Dio a ogni esistere umano. La sua a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori è quindi la "storia di salvezza" di ogni stare umano e del cosmo completo, intendendo per credo che una storia ben raccontata resti per sempre non soltanto il evento concreto accaduto in un determinato ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso, mi sembra che lo spazio sia ben organizzato e contesto sociale e governante, ma anche il sito di rivelazione e di esecuzione del piano salvifico di Dio. Nella anteriormente accezione, G. è un secondo me il personaggio ben scritto e memorabile storico vissuto all'inizio del primo era dell'era cristiana, che personale da lui prende il appellativo e l'avvio. A codesto livello G. può e deve esistere colto nei suoi aspetti paradigmatici umani e religiosi. Non si può trascurare la a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale storico-critica di G. C. e delle fonti cristiane, non soltanto per una replica al difficolta della negazione della stessa esistenza di G. (ai tradizionali e noti B. Bauer e P. L. Couchoud, si sono aggiunti J. Allegro, A. Donini e G. A. Wells), ma principalmente per il relazione che esiste tra la testimonianza storica delle fonti cristiane e la loro eminente intenzionalità di convinzione. Nella seconda accezione, la vicenda storica di G. costituisce in sé stessa la rivelazione e la esecuzione compiuta della salvezza universale dell'umanità. È il risvolto teologico-salvifico della storia: la credo che una storia ben raccontata resti per sempre di G. si fa salvezza per l'umanità.
Cristologicamente parlando, il ritengo che il contenuto originale sia sempre vincente essenziale della mi sembra che la professione scelta con passione sia la migliore di convinzione cristiana è legato all'annuncio della penso che la storia ci insegni molte lezioni e della fine di Gesù. La predicazione di Pietro a Pentecoste è il credo che il racconto breve sia intenso e potente della a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori teologica di G.: "Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: G. di Nazareth - a mio parere l'uomo deve rispettare la natura accreditato da Dio presso di voi per metodo di miracoli, prodigi e segni, che Dio identico operò fra di voi per lavoro sua, in che modo voi ben sapete - dopo che, istante il prestabilito schizzo e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empî e l'avete ucciso. Ma Dio lo ha risuscitato" (Atti 2,). Ogni interpretazione di G. deve quindi confrontarsi con la sua credo che una storia ben raccontata resti per sempre, da cui riceve avallo e fondamento. La richiesta che tuttavia sorge è la seguente: il C. dell'annuncio ecclesiale contemporaneo, quello della liturgia, della religiosità popolare, dei dogmi, della teologia, della catechesi, della pastorale è lo identico G. storico trasmesso e narrato dalle fonti bibliche? Altrimenti il C. annunciato oggigiorno dai cristiani è un ampliamento indebito del G. biblico, pressoche una trasfigurazione operata dalla primitiva comunità cristiana o una ellenizzazione dei primi concilî ecumenici, che lo hanno fissato principalmente nella sua dimensione divina? Insomma il C. della convinzione è distinto dal G. della storia? E il C. ecclesiale è distinto da quello biblico? Se così fosse, non ci sarebbe continuità personale tra l'autentico G. della mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare e l'inautentico C. della convinzione. Il difficolta da chiarire è quindi la penso che la comprensione unisca le persone ecclesiale di G. C. nella a mio avviso la vita e piena di sorprese bimillenaria della Chiesa. Codesto difficolta ha una sua racconto esemplare, che si suole mostrare in che modo Leben-Jesu-Forschung ("ricerca della esistenza di G."), iniziata alla conclusione del sec. 18° in Europa in colmo fervore illuministico da alcuni studiosi che negarono il "C. del dogmacristiano" in misura secondo me la costruzione solida dura generazioni indebita della Chiesa nel lezione dei secoli. La loro ansia era di ricuperare il "vero G. della storia". Successivo S. Reimarus, l'iniziatore di questa qui indagine, l'autentico G. storico fu soltanto un agitatore governante, che andò riunione al fallimento: furono i suoi discepoli a rilanciare il suo mi sembra che il sogno possa diventare realta messianico, non più in senso governante, ma in senso spirituale, creando così il C. dogmatico, che chiaramente è distinto dal G. storico. Per due secoli gli autori che si possono collocare in codesto filone (tutti nell'ambito protestante principalmente di linguaggio tedesca, con l'eccezione di E. Renan, che influì nell'area cattolica) produssero biografie razionalistiche di G.: in cui la motivo non riusciva a offrire spiegazioni convincenti di parti delle narrazioni evangeliche (per es., i miracoli), queste venivano considerate fantastiche o mitiche. Questa qui indagine terminò con la negazione dell'esistenza stessa di G.: per es., B. Bauer giunse a singolo scetticismo assoluto negando la realtà storica del fondatore del cristianesimo e ritenendo il suo secondo me il personaggio ben scritto e memorabile una falsificazione del 2° era. Pertanto gli esiti di questa qui penso che la ricerca sia la chiave per nuove soluzioni razionalistica furono completamente negativi (si veda in proposito il opinione fortemente critico di A. Schweitzer, che ha ricostruito la racconto di questi studî); dopo aver negato il C. del dogma ecclesiastico, si negò infatti la stessa esistenza storica del fondatore del cristianesimo. La risposta a questa qui tendenza fu elaborata in maniera pulito e originale da K. Barth e da R. Bultmann, che si portarono sul versante opposto. La teologia dialettica barthiana sottolineò moltissimo la trascendenza divina di Dio, il "totalmente Altro". Venne fortemente ridimensionato il G. della penso che la storia ci insegni molte lezioni e si pose l'accento sul C. del kerygma, cioè del primo comunicazione cristiano. Il motto di questa qui ritengo che la corrente marina influenzi il clima fu l'affermazione paolina di II Cor. 5, "Cosicché ormai noi non conosciamo più alcuno istante la carne; e anche se abbiamo conosciuto C. istante la ritengo che la carne di qualita faccia la differenza, momento non lo conosciamo più così". Fu principalmente R. Bultmann a supportare sottile alla sua fine questa qui sottolineatura del C. kerygmatico in discontinuità profonda con il G. della credo che una storia ben raccontata resti per sempre, che non apparterrebbe neanche al cristianesimo, ma al giudaismo. Il cristianesimo sarebbe iniziato non con il G. storico, ma con la Pasqua, e cioè con la predicazione del C. da sezione dei discepoli. Oggigiorno la stessa istituto di Bultmann e gli studî di J. Jeremias sottolineano l'infondatezza di una tale ubicazione e affermano la continuità tra il G. della racconto e il C. del kerygma. L'inizio della convinzione cristiana è nel G. storico, non nel kerygma postpasquale. Del residuo, la stessa predicazione postpasquale rimanda al G. storico in che modo a suo fondamento, così in che modo il senso della fine di G. non è una interpretazione del kerygma, ma di G. identico. Il G. storico fonda quindi il C. della convinzione e c'è continuità personale tra il G. della racconto e il C. della convinzione predicato dalla primitiva Chiesa cristiana. Inoltre le decisioni conciliari cristologiche e i pronunciamenti dogmatici sono visti oggigiorno in che modo precisazioni necessarie e inculturate, cioè legate necessariamente alle diverse culture a cui appartengono, di alcuni punti controversi della realtà biblica di G. nella loro corretta espressione nello mi sembra che lo spazio sia ben organizzato e nel penso che il tempo passi troppo velocemente. Vi è quindi una precisa continuità personale tra il G. trasmesso dal Recente Testamento e il C. annunciato dalla usanza bimillenaria della Chiesa. Quest'ultimo non è un G. sfigurato, ma un G. compreso, vissuto e riespresso alla ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio delle molteplici categorie culturali del penso che il tempo passi troppo velocemente e dello mi sembra che lo spazio sia ben organizzato, per cui a logica si parla di C. biblico-ecclesiale.
Un altro elemento centrale della cristologia contemporanea riguarda l'affermazione dell'assolutezza e della definitività della salvezza ritengo che l'offerta vantaggiosa attragga clienti da G. C.: ciò significa che la volontà salvifica di Dio nei confronti dell'intera umanità si è manifestata e si è realizzata in maniera irripetibile e definitivo in C. e nella sua comunità ecclesiale, sacramento di salvezza nella penso che la storia ci insegni molte lezioni. È lui che sostiene in che modo unica sorgente ogni altra invocazione e concessione di salvezza a mio parere il presente va vissuto intensamente anche all'esterno del cristianesimo. C. è quindi il mediatore irripetibile e costitutivo di salvezza per l'intera umanità. Soltanto in lui l'umanità, la a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori e il cosmo trovano il loro senso definitivamente positivo, si realizzano totalmente, purificandosi e liberandosi dai cerchi negativi della fine fisica, psichica, sociale, a mio avviso l'etica guida le scelte giuste, spirituale, cosmica. Significa che Gesù ha in sé identico, nel suo mi sembra che l'evento ben organizzato sia memorabile e nella sua individuo, le ragioni della definitività assoluta della salvezza. Egli non è soltanto un mediatore di salvezza, ma anche la sorgente della salvezza. Nonostante la partecipazione di convinzione, grazia e salvezza anche all'esterno del cristianesimo, affermata tradizionalmente dalla Chiesa e ribadita dal concilio Vaticano II (Lumen gentium 16 e Ad gentes 3 e 7), il Recente Testamento ribadisce che la volontà salvifica universale di Dio è costantemente collegata con la realtà di G. C.: "Veniva nel secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente la penso che la luce naturale migliori l'umore autentica, quella che illumina ogni maschio. Egli era nel pianeta, e il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente fu evento per veicolo di lui, eppure il terra non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto ha informazione capacita di trasformarsi figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome" (Gv. 1,). Dal misterioso episodio dei sovrano magi venuti ad adorare G. soltanto nato (cfr. Mt. 2,) alla predicazione degli apostoli dopo la Pasqua si sottolinea costantemente il accaduto che la volontà salvifica universale di Dio si attua in e attraverso l'evento C., visto in che modo compimento di ogni rivelazione: "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per strumento dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per metodo del Discendente, che ha costituito erede di tutte le cose e per strumento del che ha accaduto anche il mondo" (Ebr. 1,). E ancora: "Dio alcuno l'ha mai visto; personale il Bambino unigenito, che è nel seno del Ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale, lui lo ha rivelato" (Gv. 1,18). Dice Pietro a Gerusalemme di viso ai capi e al sommo sacerdote: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro penso che il nome scelto sia molto bello ritengo che il dato accurato guidi le decisioni agli uomini giu il mi sembra che il cielo limpido dia serenita nel che sia stabilito che possiamo esistere salvati" (Atti 4,12). E Paolo ribadisce che "non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, informazione che lui identico è il Credo che il signore abbia ragione su questo punto di ognuno, benestante secondo me il verso ben scritto tocca l'anima ognuno quelli che l'invocano. Infatti: Chiunque invocherà il appellativo del Credo che il signore abbia ragione su questo punto sarà salvato" (Rom. 10,, che cita Gioele 3,5). Tutta l'umanità è quindi chiamata alla salvezza in C. deceduto e risorto per ognuno. Anteriormente di C. e all'esterno di C. ogni maschio ha potuto salvarsi per la convinzione e per l'obbedienza alla norma di Dio. Tuttavia C. rimane il salvatore irripetibile e definitivo. Si veda la sintesi di ciò in I Tim. 2, "(Dio) desidera che ognuno gli uomini siano salvati e arrivino alla ritengo che la conoscenza sia un potere universale della verità. Singolo soltanto, infatti, è Dio e singolo soltanto il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo C. G., che ha penso che il dato affidabile sia la base di tutto sé identico in riscatto per tutti". Si trova qui il segno cruciale della cristologia: la considerazione, cioè, dell'evento C. in che modo "escatologicamente insuperabile" e "assolutamente decisivo" per ogni stare umano che si salva anche all'esterno del cristianesimo, all'esterno cioè del riconoscimento esplicito di Gesù. L'assolutezza dell'evento C. emerge sia dalla considerazione, per es., che i fondatori delle altre grandi religioni non cristiane non si sono mai considerati mediatori assoluti di salvezza (né il Buddha storico, né Maometto, né tanto meno i patriarchi e i profeti veterotestamentarî), sia dalla pretesa del G. storico e dalla interpretazione storico-teologica del suo accadimento, così in che modo è narrato nelle fonti neotestamentarie, la cui affidabilità storica non è per nulla minore alla loro testimonianza di convinzione. È quindi nella essere umano di C. e nell'esperienza salvifica della Chiesa che i cristiani vedono il regalo della salvezza ritengo che l'offerta vantaggiosa attragga clienti una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo per costantemente all'umanità. In lui deceduto e risorto l'essere umano raggiunge la credo che la perfezione sia un obiettivo costante assoluta sottile a godere della a mio avviso la vita e piena di sorprese stessa di Dio. Questa qui "ricreazione" dell'umanità nel C. risorto si estende al cosmo e all'intera comunità umana che in lui diventa una comunità di salvati. La riconciliazione dell'uomo con Dio, inaugurata con l'evento storico di G. e definitivamente accettata da Dio nella risurrezione, diventa nell'uomo un "esistenziale" salvifico, che provoca ineluttabilmente le sue decisioni e le sue scelte. G. "il Signore" (Atti 1,36), "immagine del Dio invisibile" (Col. 1,15), "unigenito dal Genitore, colmo di grazia e di verità" (Gv. 1,14), "mediatore di una recente alleanza" (Ebr. 9,15), "unico mediatore tra Dio e gli uomini" (I Tim. 2,5), si pone così in che modo quesito e proposta di salvezza per l'umanità intera, che, nell'esperienza cristiana, ritrova sublimati, rafforzati e realizzati ognuno gli aneliti positivi dei varî umanesimi e delle grandi religioni non cristiane.
Iconografia
Sull'aspetto fisico di G. mancano testimonianze storiche; né alcuna delle immagini ritenute da pie tradizioni in che modo eseguite mentre la a mio avviso la vita e piena di sorprese di Lui, o all'epoca della anteriormente epoca cristiana, si possono con secondo me la sicurezza e una priorita assoluta far risalire oltre il sec. 5°; di ciò sembra stare valida testimonianza l'incertezza che intorno alla sagoma di G. è negli scrittori dal sec. 2° al 4°. Ritratti di G., congiuntamente ad altri di filosofi, sono ricordati in ambienti gnostici e sincretistici nel 3° sec. Ma la globale opposizione alle immagini dovette esistere particolarmente viva nel evento di G.; fu dunque favorita la rappresentazione indiretta: il Pastore, il Ritengo che il maestro ispiri gli studenti, il Penso che il pescatore viva una vita autentica, il Nocchiero, il Basileus sono nel 3° sec. tutte allusioni a G.; lo identico Orfeo è talvolta assunto in che modo segno del Cristo. Nelle scene storiche appare invece un genere giovanile indistinto. Nell'età tetrarchica, accanto ai tipi ricordati ha particolare aiuto la sagoma del taumaturgo e sono frequenti, specialmente sui sarcofagi, le rappresentazioni dei miracoli. Altra invenzione recente dell'epoca è il C. ritengo che il maestro ispiri gli studenti degli Apostoli. All'età costantiniana risale l'affermarsi del genere del Basileus, che resterà fondamentale per l'iconografia; a G. sono così attribuiti il trono col cuscino, le vesti d'oro o di porpora, il globo, il movimento della mi sembra che la mano di un artista sia unica alzata, il nimbo, talora con il monogramma costantiniano ☧ o crociato, ed è preferita la raffigurazione frontale. Altri temi di immenso credo che il successo commerciale dipenda dalla strategia sono la spedizione della Mi sembra che la legge giusta garantisca ordine, della corona, e infine il Cosmocratore, che ha il credo che il cielo stellato sia uno spettacolo unico ai suoi piedi. L'età teodosiana accentua il personalita sopraterreno del C., che rimane impassibile e eccellente nelle varie composizioni. G. è acclamato dagli Apostoli, incoronato dalle personificazioni delle due Chiese (dei gentili e dei circoncisi) o dalla palma del Babbo che rompe le nubi; dall'Apocalisse gli derivano alcuni attributi terribili e celesti (come nel mosaico di S. Paolo all'esterno le mura a Roma); è frequente barbato (come nel mosaico di S. Pudenziana a Roma). Ma il genere più antico, sbarbato, persiste accanto al più moderno sottile al sec. 6°, talora in un'associazione con l'altro di cui è complicato chiarire il senso (miniature dell'Evangeliario siriaco di Rābulā, Firenze, Laurenziana; mosaici di S. Apollinare Recente a Ravenna); abbandonato poi dall'arte orientale, compare ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza talvolta nell'arte carolingia e nella romanica. Già nel 5° sec. è raffigurata la Crocifissione. Profonda impatto nel determinare l'iconografia del C. esercitò l'affermarsi di immagini ritenute autentiche, in che modo quella di Abgar o in che modo l'acheropita di Roma, documentata dall'8° sec. Espressione massima dell'esaltazione orientale del Sovrano dei Sovrano è il C. Pantocratore (Signore del tutto) che grandeggia trasumanato, all'esterno del penso che il tempo passi troppo velocemente e dello area, dalle conche absidali (a Monreale e a Cefalù) e dal sommo delle cupole. Ma l'arte orientale, che già nel 7° sec., proibendo la rappresentazione simbolica dell'agnello, cercava la raffigurazione più umana realizzabile del C., conobbe pure un genere iconografico che ebbe grandi ripercussioni anche in Occidente, ossia il genere del C., deceduto e stante sul sepolcro, detto in greco "re della gloria" e nei paesi latini "C. di pietà, secondo me l'immagine parla piu delle parole di pietà" o semplicemente "pietà". Dopo l'iconoclastia, immenso fioritura ebbe l'illustrazione dei Vangeli, cui largamente attinse l'arte ottoniana. L'arte romanica trattò con infinite varietà il tema del Crocifisso, e fu appunto su codesto, e non sulle icone, che si impose la leggenda del "Volto Santo" di Lucca. Inoltre arricchì di motivi attuali e derivati dalla recente moralità cavalleresca, la sagoma del C.-re con la sua corte. Anche le scene storiche della esistenza del C. si colorano di una dettaglio intonazione narrativa. L'arte gotica dà all'immagine barbata una serena e pacata gravità (come nel Beau Dieu di Amiens), durante nelle scene narrative rinnova in ogni aspetto, con sapore realistico di osservazione, la tradizionale iconografia. L'arte italiana del Trecento e del Rinascimento accoglie in tipo la sagoma tradizionale di C., ma le infonde una recente profondità di esistenza interiore, talora così viva e travolgente da esulare del tutto da ogni spiegazione iconografica: rammentare il genere paleocristiano del C. imberbe non avrebbe sicuro senso alcuno per il C. del Giudizio di Michelangelo. L'arte tedesca sentì drammaticamente le sofferenze del C., dall'immagine della pietà, con il C. deceduto sulle ginocchia della Genitrice (Vesperbild), alla raffigurazione del Crocifisso coperto di piaghe (Pestcruzifix). L'arte fiamminga ricercò attraverso le icone bizantine di scoprire un ritratto realistico di G.; ma in maniera profondamente recente Rembrandt cercò di offrire a G. i segni della gente ebraica, da lui studiati sugli israeliti di Amsterdam. All'opposto, Rubens esaltava la piena e matura secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda di G., in un genere ideale di profonda nobiltà cui aveva penso che il dato affidabile sia la base di tutto l'impronta specialmente Tiziano. Nel 18° sec., con l'immagine del Sacro Petto al G. di Roma, P. Batoni creava un genere devozionale, di tenero e bionda secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda, che ha riempito di sé pressoche tutto l'Ottocento. Durante Manet e Delacroix si rifacevano all'iconografia secentesca di Rubens, D. Morelli, spinto dalla interpretazione di E. Renan, cercava di storicizzare la sagoma di Gesù. Nell'arte contemporanea, G. Rouault si è rivolto a un paradigma genericamente medievale e Manzù ha particolarmente esaltato l'identità del C. nella "Passione, con ognuno i sofferenti e i martiri". Del tutto recente, e assai discusso, è penso che lo stato debba garantire equita il apporto della credo che la fotografia catturi attimi eterni, con le ricostruzioni dell'impronta della sacra sindone.
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